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ÆMERGENT è l'opzione migliore per mostrare e vendere la tua arte 

Crediamo nella nuova arte 

Cristina de Pedrojuán Pascual, Pixelated Shapes in Outer Space, 2023

filato acrilico, rete metallica e telaio

21 x 21 x 4 cm 

Dipingiamo insieme un mondo di libertà e accettazione attraverso l'arte 

 

HAPPY PRIDE MONTH!

martina cinotti, self-sabotage, 2022, acrilico su tela, 50x70 cm.jpeg
martina cinotti, self-sabotage, 2022, acrilico su tela, 50x70 cm.jpeg

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INTERVIEW BY ALBERTO CHIURATO RANZI - RANZI EDITORE WITH ARTIST ARIANNA SCUBLA

2024-02-25 18:56

Alberto Chiurato Ranzi - Ranzi Editore

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INTERVIEW BY ALBERTO CHIURATO RANZI - RANZI EDITORE WITH ARTIST ARIANNA SCUBLA

In occasione della mostra Above the hearing. Beyond the gaze.

ARIANNA SCUBLA INTERVIEW

 

 

CURATED BY 

RANZI EDITORE & ÆMERGENT

 

1. Qual è il tuo tipo di arte? Il genere e la tipologia principale? E come ci sei arrivata? Come l'hai imparato e perfezionato?

 

L'arte visiva, nello specifico la pittura si divide in due grandi insiemi ovvero figurativa e quella astratta, non mi sento parte di una tipologia o genere in particolare perchè questo significherebbe creare qualcosa che è già stato fatto, ma posso dire di sentirmi vicina all'arte informale che nega comunque una ricerca rappresentativa più affine alla realtà e alla forma degli oggetti reali, per dare maggior spazio ad un tipo di pittura che indaga un lato più concettuale ed emotivo.

Penso fermamente che arte e vita coincidano per cui posso dire di non aver raggiunto alcun obbiettivo così come nella vita cambiamo costantemente grazie alle esperienze e le situazioni che ci modellano e ci plasmano un giorno alla volta, impariamo costantemente. L'arte come la vita è sempre un percorso, sempre un divenire. Ad ogni modo sono arrivata a fare ciò che faccio sperimentando, sbagliando e correggendo ciò che non volevo più e conservando quello che volevo salvare.

 

2. Quando hai capito di essere un'artista? Qual è la tua formazione e il tuo background? Hai avuto esperienze interessanti e affini o sei partita da zero e sei un'artista autodidatta? Descrivilo.

 

Inizialmente ho scoperto di essere un'artista grazie agli altri, ovvero quando le persone attorno a me mi definivano come tale; artista è una parola, un'etichetta, se penso a me stessa non mi penso così, semplicemente so che è ciò che devo fare e non potrei essere né fare altro che questo; potrei reinventarmi e assumere o svolgere un altro ruolo, ma ad oggi mi sento realizzata per mezzo della pittura. La mia formazione inizia sul pavimento di camera mia quando ero bambina e rimanevo per ore a disegnare con pastelli e pennarelli.

In seguito, appena ho scoperto l'esistenza del liceo artistico, in quarta o quinta elementare grazie a mio fratello maggiore e ho avuto l'età giusta per iscrivermi, è cominciato il mio percorso di studi. Le prime due figure che hanno segnato la mia formazione a livello tecnico sono stati i miei professori di pittura del liceo, entrambi artisti ed entrambi hanno visto qualcosa di speciale in me; naturalmente alcuni professori dell'Accademia di Firenze e Torino, in cui ho conseguito la laurea triennale e poi magistrale, hanno incrementato e affinato le mie conoscenze tecniche e la mia sensibilità. Le prime esperienze che mi hanno permesso fare questo salto concettuale sono avvenute negli "anni Fiorentini", grazie al professore Adriano Bimbi un uomo estremamente carismatico e colto, dove poesia, filosofia e arte si fondevano assieme e più che lezioni di pittura si trasformavamo in insegnamenti di vita e spunti spirituali.

 

3. Qualcuno ha detto: i medici curano le persone e gli ingegneri costruiscono case, gli artisti no. Pensi che l'arte sia utile? Lo era stato? Lo sarà? E dove ti consideri posizionata in questo? c'è un ruolo dell'arte al giorno d'oggi?

 

L'arte è inutile per definizione, è una delle caratteristiche che la connotano anche a livello commerciale, la sua unica funzione è quella di essere fruita da chi la guarda, nonostante ciò essa riveste un ruolo molto più importante rispetto ad un martello o una caffettiera. La considerazione che la società ha dell'arte o meglio di tutte le arti, fa soffrire terribilmente gli artisti, aumenta la loro frustrazione e il loro senso di emarginazione, appunto perché li fa sentire superflui. Fare arte è un lavoro, per diverse ragioni, ma più di tutto perché racchiude in sé una tecnica, dal greco téchne, ovvero l'insieme di conoscenze pratiche e intellettuali che vengono affinate con l'esercizio, dunque l'arte è conoscenza, è anni di studio e applicazione mischiata ad una sensibilità rara. Per questo l'arte è apparentemente inutile ma il suo fine è quello di risvegliare e toccare le corde dell'anima; per comprendere fino in fondo questo concetto basta pensare ad un mondo privo di tutte le forme d'arte già presenti. L'arte è, è stata, e sarà sempre utile perché risponde alle esigenze dello spirito.

Sento che ad oggi la mia funzione è esattamente questa, nel mondo dell' "usa e getta", in cui regnano capitalismo e consumismo, cerco di ricordare che l'essere umano non è solo carne, ma piuttosto è carne che viene attraversata da tutto ciò che la circonda; cerco di ricordare a tutti noi che l'anima risiede in ogni corpo presente, non può essere usata e gettata, ma va ascoltata e capita, in un mondo in cui ciò che si rompe viene buttato, cerco di fare l'opposto, provo a prendermi cura e dipingere quella parte di noi che spesso trascuriamo e cerchiamo di liberarci proprio come l'anima, parlando di fragilità non concesse e ferite che non vengono ammesse.

 

4. Come artista, pensi di aver sviluppato o raggiunto uno stile/Savoir Faire? Se è così, descrivilo per favore. Se no, stai cercando di raggiungerlo?

 

Non penso di aver raggiunto uno stile, considerando il concetto su cui si muove un po' tutta la mia poetica, ovvero la coincidenza di arte e vita, non posso dire di essere arrivata o aver raggiunto nulla, al contrario ora riesco a capire che sto e continuerò a crescere, l'unico obbiettivo che sto perseguendo è l'essere consapevole, cercando di capire cosa vorrei e vorrò vedere sulla tela … tratta di un lavoro quotidiano di "cernita", in cui scarto o accolgo ciò che desidero o no. Per questa ragione potrei avere cambiato stile fra una decina d'anni.

 

5. Qual è il tuo ambiente? Può essere la famiglia, le relazioni, la scuola, il lavoro, ecc. Descrivi il tuo spazio personale, studio, stanza, spazio creativo in cui effettivamente pensi e crei.

 

Casa mia, il mio monolocale a Berlino, per me è un piccolo sogno diventato realtà. Da quando ho lasciato casa dei miei genitori ho sempre vissuto in situazioni provvisorie, arrangiate, ho cambiato diverse stanze e case. Tutto questo ha inciso sul mio lavoro, ad esempio questo è il primo anno che sento la possibilità di esprimermi su grandi formati, mentre prima utilizzavo piccoli quadratini di tela, cartone o materiali di riciclo. Ad oggi, invece, ogni volta che apro la porta di casa e vedo tutti quei colori, il rotolo di tela, lavori già terminati e quelli ancora da iniziare mi sento felice, mi sento al sicuro, in un posto in cui sono voluta e voglio stare.

 

6. Pensi che i giovani artisti abbiano bisogno di un supporto? E questo come dovrebbe essere fatto per farli sviluppare la loro esperienza professionale?

 

No, non credo che solo i giovani artisti abbiano bisogno di un supporto di tipo economico o morale, bensì tutti gli artisti lo necessitano, in quanto è un percorso impervio e faticoso, pieno di ripensamenti e incertezze.

I giovani artisti vanno supportati soprattutto a livello emotivo, perché ci si scoraggia facilmente se si guarda alle possibilità che abbiamo; se fossi una professoressa dell' Accademia farei quello che fece il mio professore con me, crederei ciecamente nel loro lavoro; per sviluppare e incrementare la loro conoscenza ed esperienza professionale li farei esercitare parlando del proprio lavoro. Sono molti gli artisti che per ragioni di vario tipo non sanno parlare del loro lavoro né da un punto di vista tecnico né concettuale e questo rappresenta un grosso problema sia nel caso in cui ci si rapporta con chi è del settore che viceversa, ma non li biasimo affatto perché è come se un estraneo dovesse immergersi nel nostro mondo più intimo.

 

7. A cosa ti stai effettivamente dedicando ora? Progetti futuri?

 

Il mio obbiettivo più grande, attualmente è quello di avere una mostra personale o collettiva a Berlino. Nei miei progetti futuri c'è quello di uno studio visit nel mio monolocale, per mostrare effettivamente che arte e vita confluiscono in un unico fiume, ma anche quello di esibirmi in una "performance esistenzialista" collaborando con un'altra artista. Per quanto riguarda la mia produzione, i progetti sono davvero moltissimi. 

 

8. Per concludere questa intervista, scegli la tua opera preferita e parlane. Può essere la migliore per descrivere te, la tua sensibilità e metodologia. Quella più rappresentativa.

 

L'opera che più mi identifica è "Solo ombre" non tanto per le scelte formali e tecniche, quanto per quelle concettuali, non a caso per me il titolo intero dell'opera è "Siamo solo ombre di passaggio" frase che racchiude la caducità della vita, stiamo vivendo una sorta di esperienza, viviamo in un lasso di tempo determinato e un giorno ci spegneremo quando lo avremo consumato completamente. La malinconia racchiusa in questo concetto delinea gran parte della mia identità, essa infatti è un sentimento che mi ha sempre affascinata perché cammina in un equilibrio molto precario sul confine sottile di benessere e malessere. Nell'opera di Dürer "Melancholy" la malinconia è quello stato d'animo da cui emerge l'esigenza creativa, è ciò che la innesca perché l'arte rappresenta l'unica via d'uscita dal “mal di vivere” attraverso la generazione di ciò che ancora non è nato.

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